Fila di auto parcheggiate

Corporate car sharing: i vantaggi di una mobilità aziendale pianificata

Ultimo aggiornamento il 28 giugno 2022 in Car sharing e keyless da Matteo Gabrielli |  4 minuti di lettura


Auto sempre più in condivisione tra i dipendenti, specialmente al Nord Italia, e un Mobility Manager a coordinarne le esigenze di spostamento grazie alle possibilità offerte dalla tecnologia.

Quando si parla di corporate car sharing ci si riferisce a una formula di condivisione dell’auto tra i dipendenti di un’azienda che necessita di una buona pianificazione per le attività alle quali quel veicolo è destinato e per godere dei tanti vantaggi - di ordine economico e in chiave di responsabilità sociale - che ne possono derivare. 

 

Una soluzione che si è andata a inserire nel solco delle disposizioni normative a partire dal 1998 con il Decreto Ronchi che ha imposto l’obbligo di redazione, ogni anno, di un Piano Spostamenti Casa-Lavoro per le aziende con un totale di oltre 800 dipendenti su diverse unità locali (più di 300 su un’unica), imponendo al contempo la nomina di una nuova figura, il Mobility Manager aziendale. Queste misure sono state riprese e ribadite dal Decreto Rilancio del 2020, seppur con applicazione alle aziende con oltre 100 dipendenti e sede in comuni dove il numero di abitanti supera quota 50.000.

Il rallentamento dello sharing in pandemia: il commento di ANIASA

“Linfa vitale per questa tipologia di sharing - ha commentato Alberto Valecchi, coordinatore Attività di Sharing Mobility di ANIASA (Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi AutomobilisticI) -. Abbiamo visto però che ultimamente tutto ciò che riguarda la condivisione e lo sharing, nel momento in cui si è avuto lo sviluppo della pandemia del Covid, ha subito un forte ripensamento, un leggero rallentamento nello sviluppo del concetto, legato alle regole introdotte. Pensiamo infatti a che cosa comporta sanificare e igienizzare un’auto dopo ogni utilizzo.

 

Quel che invece non si è modificato è il passaggio, con particolare riguardo al segmento dei giovani, dal concetto di proprietà a quello di uso. Ecco allora che la formula dello sharing mantiene un’attrattività soprattutto nei loro confronti che vediamo proiettata nel campo della micromobilità attraverso l’utilizzo di biciclette e di monopattini. Si tratta di un approccio che c’è sempre stato in alcuni segmenti. Guardiamo, ad esempio, alla settimana bianca, al noleggio degli scarponi o degli sci. Da tre-quattro anni ci stiamo approssimando a una logica diversa anche nel campo della mobilità, un elemento di facilitazione che predilige l’utilizzo del bene rispetto al suo possesso”.   

 

Per approfondire, leggi dei 6 trend della mobilità 2022 secondo Geotab.

 

Valecchi ha ricordato come avere un’auto assegnata rappresenti un po’ uno status symbol. Superato, tuttavia, dalla situazione di fatto e dagli strumenti normativi già richiamati che vedono il Mobility Manager chiamato a impostare la mobilità in una maniera del tutto diversa.  

Meno auto in circolazione, scende quota di CO2 e inquinanti

“Come ANIASA il discorso del corporate car sharing lo ritroviamo già da un paio di anni all’interno di un progetto finanziato dall’Unione Europea e dalla Regione Friuli-Venezia Giulia - ha aggiunto -: prevede una serie di auto in condivisione tra enti pubblici (stiamo parlando di Pubblica Amministrazione) che le impiegano per rispondere alle esigenze legate alla singola funzione operativa. 

 

Ci si allontana dal concetto di macchine ‘brandizzate’, con un logo sulla carrozzeria: si può ottenere così un minor utilizzo di macchine e un impatto ambientale più basso (emissioni ridotte di sostanze inquinanti e climalteranti). Tutto questo passa tramite un’ottima pianificazione delle necessità delle aziende a monte. Senza pianificazione e programmazione, lo ripeto, non si può parlare di corporate car sharing”.

 

Non mancano casi di veicoli non solo a fasce d’età, ma anche a segmenti d’utilizzo completamente diversi. Da questo punto di vista è richiesto un forte investimento sul fronte tecnologico. Si tratta infatti di auto che si aprono con le App, che prevedono procedure per l’accensione o lo spegnimento del mezzo. Costi si ritrovano anche per quanto attiene alla transizione ecologica, l’introduzione in flotta di auto full-elettric o ibride. 

 

“Nel 2021 il 30% dell’immatricolato green è stato destinato a società dell’autonoleggio - ha sottolineato Valecchi -. Pensando al fatto che possono finire in un circuito di condivisione, si tratta di un bel segnale. Secondo un nostro studio come ANIASA il car sharing toglie otto macchine private dalla circolazione in ambito cittadino. Se poi aggiungiamo pensiamo che per un’auto noleggiata con questa formula si sottoscrivono mediamente 10-12 contratti al giorno, appare subito evidente la diminuzione nell’utilizzo del mezzo privato”.

Doppia velocità di sviluppo della formula tra Nord e Sud d’Italia

Valecchi ha quindi ricordato come, storicamente e geograficamente, il ricorso a questa soluzione di mobilità appaia più spostato verso le aree del Nord e del Centro Italia, dove è maggiore la capacità produttiva e dove ci sono realtà aziendali che devono obbligatoriamente inserire nel proprio organico la figura del Mobility Manager, deputato a quegli studi e a quelle analisi che preludono al passaggio al corporate car sharing. Un gap e una differenza territoriali ci sono, quindi, anche la presenza di aziende è diversificata. Ci troviamo di fronte a una doppia velocità storica di sviluppo. Nel Nord Italia si situano le regioni pioniere per questo tipo di attività, dotate della ricettività e dell’opportunità necessarie a renderle fattive sul territorio”.

 

Per approfondire, consulta la nostra indagine: 6 italiani su 10 pronti a fare a meno dell’auto aziendale.

 

Nessuna preoccupazione, comunque, come ha tenuto a rimarcare il coordinatore attività di sharing mobility di ANIASA. “Nel momento in cui si crea l’interesse su una prodotto o su una formula - ha dichiarato -, occorre solo il tempo per arrivarci. L’interesse nel Sud Italia verso il corporate car sharing c’è. Serve poi considerare che l’evoluzione culturale delle generazioni attuali è comune, trasversale, non esiste un ritardo nel concepire e apprezzare le novità. Si tratta sostanzialmente di intercettare le possibilità infrastrutturali presenti nel territorio in cui opera l’azienda con le sue esigenze di mobilità sul piano pratico”.

 

Quali strumenti possono essere messi in campo per cambiare lo stato di fatto

Valecchi ha concluso il suo ragionamento sulla non piena attuazione, a livello nazionale, dell’ingresso in azienda della formula di condivisione delle auto in flotta soffermandosi su due fattori: le dimensioni (in termini di numero di dipendenti) e i costi (spesa richiesta per introdurre la necessaria tecnologia di supporto. “Non dimentichiamo poi - ha aggiunto - che, sotto il profilo normativo, il settore automotive non ha mai ricevuto contributi neanche dal PNRR sotto forma di incentivo. 

 

Ecco allora che anche un piccolo segnale in tal senso potrebbe dare al comparto lo stimolo necessario per una evoluzione verso il corporate car sharing, sostenendo economicamente le aziende nel loro percorso verso questa formula innovativa. Oggi invece sul piano normativo non abbiamo nulla”.


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